Succede, a volte, che un incontro con una persona ti ricordi il senso piú
profondo di quello che si sta facendo. Spesso succede che, presi da tante cose, ce
ne si dimentichi un pó.
Qualche giorno fa ho incontrato una ragazza che vive nell’ Agustino, vicino a Yerbateros, ai piedi del cerro 7 de Octubre.
J. é una ragazza giovane, é nata e cresciuta nell’Agustino. Sua madre
lavora in una scuola come assistente, nella parte alta del cerro.
Ho incontrato J. per chiacchierare con lei.
I suoi genitori sono separati, la storia della sua famiglia somiglia a
tante altre storie qui, giá sentite. La madre, per sfuggire ai maltrattamenti
dai genitori e dei fratelli, rimane incinta giovanissima e si sposa. J. é la seconda
figlia.
Il marito, dopo qualche anno, é il nuovo carnefice. La madre, esempio de
seguire, lo denuncia per maltrattamenti e si separano. Lui, intanto, aveva giá
un’altra donna, altri figli, un’altra casa.
La madre, un giorno incontra un uomo, sogna di costruire una nuova famiglia:
lui, le due figlie maggiori e la figlia piú piccola, frutto di questa nuova
unione.
Ma J., che ha otto anni, trova chissá dove la forza per raccontare alla
madre che il patrigno, non appena resta solo con lei, la tocca, la segue quando
si fa la doccia, la spia, le regala degli spiccioli in cambio del suo silenzio.
La madre, esempio da seguire, lo denuncia. L’ultima figlia avrá solo il
cognome della mamma. Le quattro donne, si uniscono nel dolore e ce la fanno,
vanno avanti, meglio sole che mal accompagnate.
Sono passati tanti anni, adesso la sorella maggiore si sta per sposare, la
piú piccola frequenta la scuola media e
J. sta studiando in un istituto per diventare infermiera.
Mi racconta: “É passato tanto tempo,
l’ho superato, anche se non sono piú la stessa di prima. Mi é rimasto come un
trauma, sento una specie di paura. Non mi piace uscire, preferisco stare in
casa, prima di dare fiducia a una persona, devo conoscerla bene. Mi dicono che
sono troppo seria.
Mi piace studiare ma non sono
una brava alunna. Non ho dei bei voti, mi hanno bocciato due volte. Ma mi
sforzo. Spesso sto per arrendermi, sto per cadere, ma mia madre, i mie
professori, le mie amiche mi dicono che ce la devo fare, che non importa se
cado, mi devo rialzare. É che a volte mi deprimo, mi deprimo cosí facilmente. Ma
so che ci riusciró. Mia madre é un gran esempio.”
Perché vi sia abuso sessuale non é necessario l’uso della forza fisica. Le
conseguenze di uno sfioramento, di una carezza, di una parola diretta a chi, innocente,
non é in grado di comprenderla sono inarrestabili.
Nel progetto Cerros Seguros stiamo lavorando per rompere questa catena.
Collaboriamo con 5 scuole dell’infanzia, elementari e medie, affinché gli
alunni e le alunne sappiano difendersi dall’abuso sessuale, ed i professori
come proteggerli.
Abbiamo creato stanze affinché bambini e adolescenti possando dormire sicuri.
Ne abbiamo costruite 440 , la meta é 500.
Lavoriamo a stretto contatto con poliziotti, giudici, pubblici ministeri e
funzionari affinché sappiano cosa fare e come, quando ricevono denuncie di
abuso sessuale.
Grazie a J. che ha fatto incontrare la sua storia con la mia, ed ora con la vostra.
É per storie cosí che ci stiamo impegnando.