Durante il mese
commemorativo della Giornata Internazionale della Donna, abbiamo intervistato Margarita Claros, uno dei membri della rete di micro impresari e micro
impresarie del progetto “Huaycán hacia elemprendimiento” (Huaycán verso
l’imprenditorialità), realizzato da
ASPEm e da ADC ATC con l’appoggio dell’Unione Europea.
“Mi chiamo Margarita Claros
Retuerto, vivo a Huaycán da 19 anni: ci insediammo qui quando mio figlio aveva
tre mesi. Prima Huaycán era tranquilla, si poteva camminare per strada a
mezzanotte o all’una, c’era molto silenzio... poi hanno cominciato a seminare
la paura tra le persone, ma era una bugia”, ci racconta Margarita nella sua
casa nel Settore I di Huaycán, dove ha il suo laboratorio confezioni di
calzature, “Quando dicevi di vivere a Huaycán, non ti assumevano, la gente ti
emarginava, pensavano che qui ci fossero seguaci di Sendero Luminoso, quello
era il problema, quindi non potevamo dire nulla”.
Nonostante le difficoltà, Margarita aveva dimostrato fin da
piccola questo spirito imprenditoriale che possiedono molti peruviani e
peruviane e questa voglia di andare avanti. “Per quanto mi riguarda, ho sempre
gestito attività commerciali. Non mi è mai piaciuto fare la casalinga. Da
piccola ho lavorato con mia sorella, che vendeva frutta; mio fratello aveva una
bottega di alimentari; l’altro fratello preparava colazioni; io vendevo brodo
di gallina. Sono arrivata a Lima quando avevo 11 anni, dalle montagne di
Huacho. Ho venduto di tutto: chicha, carta igienica, … e non mi sono mai vergognata
di niente!”
Quando Margarita arrivò a
Huaycán, la sua intenzione era vendere brodo di gallina, perché con questo si
riusciva a guadagnare, però il problema era che non disponeva di capitale
iniziale. Qua conobbe il futuro marito, che fabbricava scarpe, “però anche lui
veniva sfruttato: lavorava e non lo pagavano... Però mio marito, abile nel suo
lavoro, imparò a fare di tutto con le scarpe. Io gli dicevo: ¿Cosa? Guadagni
così poco? Come possiamo sopravvivere con questo?”
Lei vedeva che lui lavorava e si impegnava e un giorno gli
disse: “Vediamo, tu cosa fai?” “Cucio”, mi disse. “Ah! E allora cuciamo!”,
cominciai ad andare al lavoro con lui per cucire e lì imparai”. Il marito di
Margarita lavorò per molto tempo nel laboratorio confezioni di calzature, poi
cominciò a lavorare in un hotel che era dello stesso proprietario, però moglie
e marito non si vedevano mai a causa degli orari, si incrociavano giusto quando
lui andava a lavorare e lei rimaneva a casa con i figli.
“Passammo così un anno, però non potevamo continuare in quel
modo”, ci racconta. “Io avevo da parte qualche soldo, volevo usarlo per
migliorare la mia casetta, ma così cosa avremmo ottenuto? Niente. Io volevo un
futuro per i miei figli, perciò dissi a mio marito: “non possiamo continuare
così, cosa pensi dovremmo fare? - Ah non lo so - mi rispose - pensaci tu. -
Allora gli dissi: Ah! Il tuo capo ti sta sfruttando, quindi meglio che ti
sfrutti io! - Che significa che mi sfrutti tu? - Sì, tu dimmi solo di cosa si
ha bisogno per fare scarpe. - E così cominciammo l’attività“, ci racconta
Margherita, mentre sorride ricordando la conversazione con suo marito.
“All’inizio ne facemmo cinque dozzine e nessuno le
comprava”, ci dice ricordando gli inizi difficili e suo marito le diceva “Te
l’avevo detto che saremmo morti di fame”. Però lei aveva fiducia che sarebbero
riusciti a superare quella situazione. Una notte fece un sogno. Sognò che
arrivava alla fermata dell’autobus e vedeva un mercato pieno di scarpe, però
rotte o scompagnate e pensò “Oggi tocca a me”. E così fu. “Andai al mercato El
Hueco a vendere le mie scarpe e me le comprarono, poi mi fecero vari ordini.”
Ma ancora una volta le difficoltà la ostacolarono: dopo aver ricevuto vari
ordini, chiusero il posto dove teneva immagazzinate le scarpe e l’ultima
consegna non le è mai stata pagata: la compratrice era scomparsa.
Margarita era preoccupata e disperata, pero non ha mai
smesso di confidare in se stessa e nella sua forza imprenditoriale. Un giorno
stava sulla porta di casa sua, verniciando scarpe, quando le si avvicinò un
giovane rappresentante della banca Edificar, le chiese se le scarpe fossero
sue, chiese di vedere il laboratorio e le chiese se non le interessasse avere
accesso al credito. Margarita rimase sorpresa, già prima di allora aveva
cercato di ottenere un prestito, però, essendo donna, aveva incontrato molte
resistenze.
“Con il primo prestito mi diedero millecinquecento soles.
All’inizio dubitavo che avremmo potuto ripagare il debito, però avevo fede,
sono molto credente, così parlai con il Signore, mi convinsi, gli chiesi la
forza e accettai. Fu difficile, abbiamo passato dei periodi in cui non avevamo
né luce, né acqua, ci siamo indebitati, però io pagavo puntualmente la banca,
quella era la cosa più importante. Così crescemmo, il secondo prestito fu di
novemila soles e l’ultimo di trentamila” ci dice orgogliosa.
In soli quattro anni, la sua
impresa di confezioni di scarpe “Claro”, da sogno, è diventata realtà e non
solo per Margarita e per la sua famiglia, ma anche per altre persone a cui ha
dato lavoro.
Con l’aiuto del progetto “Huaycán
hacia el emprendimiento”), Margarita ha imparato a gestire meglio la sua
impresa, a sfruttare tutto il materiale, a organizzare meglio gli spazi della
propria casa e del laboratorio, a fare preventivi, ecc... Attraverso il
progetto, è inoltre riuscita ad entrare a far parte della Camera di Commercio
di Huaycán, cosa che le permette accedere a migliori opportunità e a migliorare
il suo volume di vendite.
Margarita oggi ha un
altro sogno: “Il prossimo passo è cominciare ad esportare le mie scarpe”. Sa
che con il suo impegno, con la sua perseveranza e con un po’ di aiuto,
raggiungerà il suo obiettivo.