Come ogni 28 di luglio, in occasione della festivitá
nazionale, il presidente del Perú si rivolge alla nazione per fare un bilancio
dei 365 giorni di governo trascorsi e, a secondo della situazione, evidenziare
ció che di buono é stato fatto fino al momento e proiettarsi su ció che si fará
da qui al prossimo anno. Anche il passato 28 di luglio é stato cosi, con il
presidente Ollanta Humala intento a informare sui passi avanti fatti dal
proprio governo in materia di lotta alla povertá estrema, proiettando arrivare
a ridurre la stessa al 15% (attualmente é stimata in un 27%) e assicurando che
i programmi sociali che stanno contraddistinguendo il suo mandato si concentreranno
nelle zone andine, le piú vulnerabili del paese.
Attualmente il governo di Ollanta Humala sta impulsando diversi
programmi sociali come “Beca 18”, un programma che garantisce borse di studio
per l’educazione universitaria a studenti di settori socioeconomici
svantaggiati, o come “Pension 65” che distribuisce una somma pari a 75 euro
mensili agli anziani in differenti parti del paese; peraltro Ollanta Humala ha
evidenziato lo sforzo fatto quest’anno per garantire ai peruviani l’accesso ai servizi
basici nelle zone piú ostiche del paese, come per esempio l’ampliazione al 75%
della popolazione del servizio integrale sanitario (SIS-seguro integral de
salud) o l’aumento della rete del sistema di elettrificazione nelle zone rurali.
Tra i buoni propositi del presidente per i prossimi anni
evidenziamo la organizzazione di un sistema di prevenzione dei conflitti
sociali all’interno dello stesso gabinetto, con la creazione di una direzione
generale che abbia rappresentanti in tutte le regioni del paese; l’aiuto alle
piccole e medie imprese locali attraverso l’impulso del mercato interno per garantire
alle famiglie la possibilitá di sussistere economicamente al dilá dei programmi
sociali esistenti; la creazione di un programma per aiutare i gruppi piu
vulnerabili della popolazione, i bambini abbandonati in strada o gli indigenti
cosí come il rafforzamento della rete di centri di emergenza a favore della
donna (CEM-centro emergencia mujer) con il compito di aiutare le donne e i
bambini che stiano passando per situazioni di violenza familiare e sessuale; la
promozione di una legge del ritorno per le famiglie che hanno emigrato in Europa
e Stati Uniti e che adesso, per via della crisi economica, vogliono ritornare in Perú per ristabilirsi in
maniera definitiva.
Ma al di lá di questi aspetti positivi, come era da
aspettarsi, il discorso ha lasciato anche qualche dubbio in coloro che lo hanno
ascoltato, principalmente sulla capacitá di autocritica da parte del presidente
rispetto alla gestione del primo anno. Ollanta Humala non ha nemmeno menzionato
le difficoltá che il suo governo ha dovuto affrontare e continua ad affrontare
per il conflitto socioambientale di Conga, in Cajamarca; un conflitto nel quale
hanno perso la vita per gli scontri tra la popolazione e la polizia ben 15
persone; un conflitto che ha visto scendere in piazza la maggior parte della
popolazione di Cajamarca con in testa il proprio presidente regionale e altri
leader della protesta sociale contro il governo e a favore della intangibilitá
delle lagune interessate dal progetto estrattivo aurifero; un conflitto che ha determinato la
sostituzione di due premier giá nei primi dodici mesi di governo: solo pochi
giorni fa é stato eletto l’ultimo gabinetto del governo con il nuovo e terzo premier
Jimenez (ex ministro di giustizia) che si é definito aperto al dialogo; un
conflitto che si sta pericolosamente cristalizzando su posizioni estremiste e
conflittive che possono risultare inconciliabili.
Dopo un anno quel
candidato eletto come rappresentante del centrosinistra, passato da
posizioni estremiste fino a posizioni molto piu caute (dalla grande
trasformazione, intesa come sostituzione del modello economico capitalista, al meno rivoluzionario “sviluppo con
inclusione sociale”), é diventato, nella
sorpresa generale, il fautore di una
gestione e politica economica piu degna di una forza di centro-destra e forse
piú assoggettata ai diktat di certa opposizione fatta non tanto dai partiti
quanto dai gruppi economici al potere. In ogni caso sembra essere presente in
questo governo certa sensibilitá verso la necessitá della inclusione sociale di
quei gruppi della popolazione piú esposti
alla millenaria povertá, piú emarginati, meno rappresentati politicamente. In una
situazione in cui la cooperazione internazionale giá ha decretato la non
prioritá del Perú come paese per interventi di appoggio internazionale é
importante che il governo di turno si faccia promotore di queste politiche inclusive
per ridurre le differenze sociali ed economiche esitenti nella popolazione.
É necessario peró segnalare che la sola presenza dei
programmi sociali che proporzionano lavoro temporale o assistenza medica non é
sufficiente; é importante articolare questi programmi con interventi che
possano mettere in moto la economia del paese, promuovere la formalizzazione e
preparazione tecnica delle imprese e dell’industria locale per garantire
realmente la mobilitá sociale ascendente tra i diversi settori della
popolazione. D’altra parte quest’aspetto
non é secondario nella gestione dei conflitti sociali che giustamente aumentano
quando, al di lá delle colpe di chi approftta dello scontento popolare per manipolare
la situazione in favore di un ritorno politico, si fa piú presente la polarizzazione
economica e diminuisce la legittimitá del sistema proposto nella misura in cui,
per la bonanza economica, non si
beneficiano tutti gli attori ma solo singoli gruppi privilegiati. Sembra che
sia arrivato il momento per il Perú, la cui economia viaggia con un prodotto interno lordo pari al 6%, di combattere gli ultimi privilegi esistenti.